Anamorfosi

La prospettiva, intuita già dai romani, come è possibile vedere a Pompei, venne nuovamente scoperta da Giotto che incominciò ad analizzare i metodi per ottenere la profondità su una superficie piana. Colui che, però, riescì a definirne le regole matematiche e geometriche fu Filippo Brunelleschi in quella Firenze rinascimentale che riportò l’uomo al centro degli elementi, capace di analizzare e comprendere la realtà delle cose. Il vero testo che teorizza la prospettiva lineare fu quello di Leon Battista Alberti: il “De pictura”, trattato sulla pittura.

Già in epoca manierista le regole della prospettiva vennero estremizzate con l’uso di una tecnica che verrà definita: anamorfosi. Questa compare già nell’opera di Han Holbein il giovane, con il suo famoso teschio inserito nel dipinto “gli ambasciatori” (1533 d.C.) ma è usata ancora oggi con estrema disinvoltura nelle opere di Julian Beever.

Hans Holbein il giovane, gli ambasciatori
Hans Holbein il giovane, gli ambasciatori

Julian Beever è un’artista incredibile che realizza opere fantastiche sui pavimenti di tutto il mondo. I suoi dipinti sono “temporanei” perchè realizzati con il gesso e, quindi, destinati a vivere nel tempo solo sui mezzi multimediali. Certamente la particolarità delle sue opere sta nella tecnica dell’anamorfosi sapientemente utilizzata per creare l’illusione della tridimensionalità. Le immagini vengono disegnate con una prospettiva estrema che ha come unico punto di fuga l’occhio dell’osservatore e cioè l’obiettivo della macchina fotografica. Ad un rapido sguardo sembrano completamente deformate ma osservando la scena da un preciso punto di vista ecco apparire la sorpresa: tutto appare tridimensionale e quello che prima era sdraiato a terra ora si solleva o sprofonda nel terreno per dialogare con il luogo e soprattutto con i passanti.
Divertitevi ad osservare queste formidabili realizzazioni, sono veramente sorprendenti.

Comments