Cappella Sistina

La Cappella Sistina prende il nome da Papa Sisto IV della Rovere che fece ristrutturare l’antica Cappella Magna tra il 1477 e il 1480. Giulio II della Rovere, nipote di Sisto IV, decise di modificarne in parte la decorazione, affidando nel 1508 l’incarico a Michelangelo Buonarroti, il quale dipinse la volta e, sulla parte alta delle pareti, le lunette. Nell’ottobre 1512 il lavoro era compiuto.

Nei nove riquadri centrali sono raffigurate le storie della Genesi raccontate nella Bibbia, dalla Creazione alla Caduta dell’uomo, al Diluvio e al successivo rinascere dell’umanità con la famiglia di Noè, divise in gruppi di tre, relativi all’origine dell’universo, dell’uomo e del male. Negli spazi tra le vele compaiono, seduti su monumentali troni, sette Profeti e cinque Sibille (i primi anticiparono infatti la venuta di Cristo per il popolo di Israele, le seconde, pur appartenendo al mondo pagano, sono qui rappresentate per le loro doti di indovine). Nei quattro pennacchi angolari sono le Salvazioni miracolose di Israele mentre nelle vele e nelle lunette (pareti nord-sud-ingresso) figurano gli Antenati di CristoVedi lo schema della suddivisione degli affreschi

Cappella Sistina
Cappella Sistina

Verso la fine del 1533 papa Clemente VII de’ Medici incaricò Michelangelo di modificare ulteriormente la decorazione della Sistina dipingendo sulla parete d’altare il Giudizio Universale. La grandiosa composizione, realizzata da Michelangelo tra il 1536 e il 1541, si incentra intorno alla figura dominante del Cristo, colto nell’attimo che precede quello in cui verrà emesso il verdetto del Giudizio. Il suo gesto, imperioso e pacato, sembra al tempo stesso richiamare l’attenzione e placare l’agitazione circostante: esso dà l’avvio ad un ampio e lento movimento rotatorio in cui sono coinvolte tutte le figure. Accanto a Cristo è la Vergine, che volge il capo in un gesto di rassegnazione: ella infatti non può più intervenire nella decisione, ma solo attendere l’esito del Giudizio. Anche i Santi e gli Eletti, disposti intorno alle due figure della Madre e del Figlio, attendono con ansia di conoscere il verdetto. Alcuni di essi sono facilmente riconoscibili: S. Pietro con le due chiavi, S. Lorenzo con la graticola, S. Bartolomeo con la propria pelle in cui si suole ravvisare l’autoritratto di Michelangelo, S. Caterina d’Alessandria con la ruota dentata, S. Sebastiano inginocchiato con le frecce in mano. Nella fascia sottostante, al centro gli angeli dell’Apocalisse risvegliano i morti al suono delle lunghe trombe; a sinistra i risorti in ascesa verso il cielo recuperano i corpi (Resurrezione della carne), a destra angeli e demoni fanno a gara per precipitare i dannati nell’inferno. Infine in basso Caronte a colpi di remo insieme ai demoni fa scendere i dannati dalla sua imbarcazione per condurli davanti al giudice infernale Minosse, con il corpo avvolto dalle spire del serpente. E’ evidente in questa parte il riferimento all’Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri. Assieme agli elogi, il Giudizio suscitò tra i contemporanei violente reazioni, tanto da portare, nel 1564, alla decisione da parte della Congregazione del Concilio di Trento di far coprire alcune delle figure del Giudizio ritenute “oscene”. L’incarico di dipingere i panneggi di copertura, le cosiddette “braghe”, fu data a Daniele da Volterra, da allora noto come il “braghettone”.

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